storia di S… by alessandra

Convivere con la sindrome di behcet si può.

Mi chiamo S, ho cinquantadue anni, abito a Palermo. La mia storia è un po’ Behcet e un po’ altro, articolata, complessa e avventurosa. L’incontro con “la malattia” (in generale), risale nel 1982.

Nel febbraio 1982 dopo la disintossicazione da droghe pesanti mi sono trasferita a Milano. Nel 1984 mi è stata diagnostica la sieropositività, in quegli anni sieropositività e aids erano la stessa cosa, aids=morte. Dopo qualche anno, con la ricerca hanno scoperto e distinto le due cose. Sieropositività indica che nell’organismo umano sano, sono presenti gli anticorpi dell’HIV (virus immunodeficienza umana).La discriminazione sociale, in quegli anni, costringeva me, come le tutte persone sieropositive, a vivere la propria malattia in incognito nascondendo la patologia. Costretta, così a vivere una doppia identità nella solitudine. Per tanti anni ho vissuto una parte così importante di me, questo è stato uno stress psicologico schiacciante e pericoloso. Tanti miei amici sono morti schiacciati da questo peso, che non sono riusciti a reggere. Ma a parte le mie riflessioni, l’etichetta con cui “la scienza” identificava me e le mie patologie era: sieropositiva. Così la febbre, il raffreddore, mal di pancia, i brufoli dopo aver mangiato tanta cioccolata, erano conseguenze dell’etichetta. Il Behcet è venuto a visitarmi nel 2000 abitavo in Madagascar, sono iniziate le afte, febbre serale e spossatezza. Ma pensavo che tutto fosse la mancanza di comodità primarie in cui vivevo. Abitavo in una piantagione di essenze naturali senza luce né acqua corrente, l’acqua si attingeva da un pozzo. Ma le afte non mi abbandonavano , mangiare e bere era doloroso. Perdevo peso, così ho deciso di ritornare in Italia. Stavo così male, non riuscivo a vivere da sola, dopo quasi 20 anni sono tornata dai miei genitori a Palermo, l’ex marito era rimasto in Madagascar.Per 6 mesi sono rimasta a letto con afte atroci anche all’esofago, la lingua non era tale ma una mucosa con tanti crateri e ferite, febbre e astenia, perdita di peso. Il fuoco in bocca come il drago, ma non riuscivo a sputarlo; usavo un ventaglio per lenire il fuoco in bocca. Mangiare, bere, parlare era impossibile, bevevo acqua con la cannuccia accompagnate dalle lacrime e dal dolore. Il pellegrinaggio a Palermo tra medici e ospedali è stato un calvario e le umiliazioni poi! Le diagnosi erano: aftosi, stomatite, candida, parassiti nel cervello (oncocercosi) ll’acqua infetta bevuta in Madagascar, ma tutto era causato dal “virus”. Dopo questo periodo ho iniziato ad avere difficoltà nel muovere le dita del piede destro.Sono andata al San Raffaele, reparto malattie infettive -Villa Turro. Da anni ero in cura lì per monitorare, qualche volta, il mio benessere, anche se sieropositiva. Non ero ben vista lì, ero una paziente poco paziente, mettevo in discussione il potere della scienza, osavo confutare le loro tesi. Anzi sono andata a lavorare in Africa nonostante mi dicessero che ero una pazza e incosciente Ma soprattutto non ho accettato i primi cocktail di farmaci sperimentali, ho rifiutato di fare da cavia. Ma loro non erano a conoscenza del patto di non belligeranza che avevo stretto con il virus. I patti erano no aggressione, la mia morte sarebbe stata anche la sua!!!Iniziano gli esperimenti: Tac, Risonanza (in 7 anni sono 25), 1° ricovero intervallato da altri 6 in poco tempo, diverse punture lombari e prove con farmaci terrificanti per le varie ipotesi o sospetta…diagnosi. La prima risonanza rileva delle micro lesioni o alterazioni all’encefalo, 2 temporali e 2 vicino al talamo. Mi hanno proposto una biopsia all’encefalo, ma il mio veto è stato deciso: NO! Le afte erano sempre presenti, la caviglia e lentamente tutto l’emi-soma, si è paralizzato, anche se in modo lieve, mi dico per consolarmi. il tutto nell’arco di 7/8 mesi.Ho iniziato il pellegrinaggio in Italia ed Europa.L’arrivo dell’epilessia, per i medici la causa era il famoso virus (HIV) che si divertiva a giocare a nascondino con loro. Ma non lo trovavano. In verità il neurologo che si occupa delle patologie neurologiche in soggetti immuno-depressi aveva sospettato il Behcet piuttosto che emi-paresi causata dal virus. Ma l’obiezione è stata: ma è sieropositiva, non è possibile sospettare di una malattia autoimmune. Quanto la scienza mente!Il medico referente per malattie infettive circa 1 anno e mezzo fa mi ripeteva che ha studiato il mia caso. I miei valori lo depistano, ero asintomatica. Ma come tradire l’etichetta? Ma ha ipotizzato asculite o Behcet (anche se autoimmune). Avevo bisogno di saperne di più sul Behcet mai sentito. Per caso o fortuna ho scoperto l’Associazione Simba cercando su internet. Mi sono iscritta alla Mailing List dell’Associazione, ma ho ascoltato per un po’. Mi piaceva la libertà e irriverenza con cui giocavano sul loro malessere. Mi piaceva la comunicazione e la solidarietà che percepivo nello sfogo, con libertà e senza vergogna. Mi sembrava un gioco, quasi, Insieme. Libertà del malessere! Il medico richiede un esame HLA-B51 e visita dall’oculista. Ritorno a Palermo, ma ho impiegato 6 mesi o forse di più per identificare la struttura sanitaria che facesse l’esame. Dopo, due mesi ho avuto anche l’esito. Un esame consigliato dall’oculista ha evidenziato una semplice lesione occhio sinistro, la parte inferiore sinistra è lesa. Il medico di Villa Turro collabora con il dott. A. Manfredi, reumatologo del San Raffaele, si occupa del Behcet. Adesso sono in cura al San Raffaele in attesa del consulto tra i due medici. Alcune medicine per me sono dannose. La conversione da immuno-deficienza ad auto-immunità? Booh! L’avventura continua.Il nuovo millennio si è manifestato con il Behcet, ha giocato a nascondino per sette anni, io l’ho scoperto da sei mesi. Ma anche questa volta lo addomesticherò, così diverremo amici. Dimenticavo: e il marito? Ai primi sintomi dell’emiparesi si dice elegantemente: “è andato a comprare le “sigarette”…MA per me tutto ciò è stato ed è una opportunità. La malattia è stata una maestra, mi ha mostrato la gioia e la voglia di vita che si ha apprezzando le piccole importanti cose che la vita dona. Si spesso è difficile vederlo, ma importante è crederci.Ma oltre la storia complessa, un po’ triste, potrei allietarvi con una delle mie storie avventurose nella terra africana. Sin da piccola, il mio desiderio era andare in Africa, la malattia è venuta con me.Grazie Simba, grazie “leoncini”